Adriano Cortiula

Adriano Cortiula

Riunione di fabbri a Salisburgo

 

Anche quell’anno ricevetti l’invito (ordine) di partecipare alla riunione dei fabbri austriaci, ne vado orgoglioso in quanto (probabilmente per un disguido) sono l’unico fabbro italiano ad avere questa convocazione…..Christian non vale, poiché è altoatesino di madrelingua tedesca. Il luogo del simposio, come il solito era interessantissimo: si trattava nientemeno che della città di Salisburgo.
Con mia moglie, che mi fa da interprete, partii per passare un tre giorni piacevoli, in un luogo incantevole e per sentire parlare di cose che m’interessano.
Nell’euforia del momento mi scordo che la riunione è organizzata appunto da austriaci, che in quanto ad organizzazione non sono secondi a nessuno, neanche ai tedeschi.
La rogna principale di queste pianificazioni si chiama programma.
Purtroppo arrivammo all’albergo che si trova poco fuori della città, con pochi secondi di ritardo sull’orario della prima conferenza, un commesso con aria arcigna appena saputo che ero un fabbro mi ordinò di abbandonare la valigia e ripetendo in cinque lingue diverse “Siete in ritardo ” c’introdusse nella sala dove Paul Zimmermann aveva appena finito di dire “Buon giorno”.
Tutti si girarono con sguardi di disapprovazione, e con enorme imbarazzo Alessandra ed io prendemmo posto.
L’argomento che Paul sviluppava era la forgiatura delle grabkreuze. Per la verità, l’argomento non era molto allegro, ma interessante, dato che lui è uno dei più grandi specialisti in quel settore.
Tempo dopo, quando tenne la stessa conferenza a Stia in Italia, Paul si trovò di fronte una parte del pubblico estasiata alla sua trattazione, (gli stranieri) e una parte (gli Italiani) che si toccavano le zone innominabili del corpo.
Dopo un’ora trenta minuti e zero secondi esatti, Zimmermann terminò la sua relazione, e come da programma, al suo posto s’insediò Christoph Friederik il quale con cipiglio, iniziò a spiegare il suo lavoro. Esordì, affermando che è sufficiente conoscere Hermann Hesse (possibilmente di persona) e minacciò sanzioni a chi non conosceva il libro Siddharta, basilare per capire una parte del suo lavoro, (l’unico passo che ricordavo di quel libro, era il primo colloquio tra Siddharta e la puttana Kamala, ininfluente per capire un’opera in ferro, ancorché di Friederik) e di questo passo c’intrattenne per altri 90 minuti…………….come da programma.

Dopo che Christoph ebbe terminato il suo intervento, fummo fatti uscire e allineati in un cortile e divisi per sesso, le donne da una parte e i maschi dall’altra.
Un urlo, squarciò il sommesso brusio di quel cortile, mi girai e vidi mia moglie che veniva caricata a forza su un torpedone, in quel momento mi apparve davanti, con agghiacciante terrore, l’ultima pagina dell’invito ove capeggiava il titolo “Damen Programm”
Gli austriaci e i tedeschi sono sorprendentemente cortesi e gentili quando organizzano qualcosa, pensano a tutto, ma non tollerano cambiamenti o modifiche a programmi stabiliti.
In questo caso (riunione di fabbri) con notevole e appropriato buon senso, l’organizzazione aveva pensato, che alle mogli o compagne dei fabbri non interessasse un tubo la visita ai ferri battuti di Salisburgo, di conseguenza avevano ritagliato un programma soddisfacente per una cinquantina di donne senza nulla in comune, se non il fatto che fossero, loro malgrado, consorti, fidanzate o sorelle di fabbri.
Mi catapultai nella ressa per cercare di liberare Alessandra, spiegando che mi è indispensabile averla accanto nell’altro veicolo, in quanto non capisco la lingua tedesca.
Solo l’intervento del console italiano a Salisburgo, dopo l’intercessione di S.E. l’ambasciatore d’Italia presso il governo austriaco a Vienna, sbloccò la situazione, seppure a malincuore gli organizzatori modificarono il programma, (sembra, da indiscrezioni, che sia stata la prima volta che l’associazione abbia fatto uno strappo al regolamento dai tempi di tale Brenno, il quale andava in giro vendendo spade a peso d’oro) permettendo alla mia consorte di salire sul mio stesso vagone.
Una volta a bordo credetti di sentire distintamente un rumore di lucchetti e catene dall’esterno ma non ci feci caso, ero troppo contento. In questo modo fummo deportati al centro della città di Mozart.
Una volta arrivati, degli ordini secchi ci fecero scendere dal camion e allineare contro un muro.
I graduati ci divisero in due gruppi, il primo gruppo era comandato dall’ufficiale più alto in grado: il colonnello von Walfrid Huber di Vienna, gruppo di cui facevo parte anch’io.
A comandare l’altro drappello il sergente Peter Lechner, 140 kg di peso per due metri di altezza, coadiuvava il maggiore Freddy Habbermann 140 cm di altezza per tre metri di circonferenza. Ovviamente, non esisteva neanche la più remota possibilità di poter cambiare gruppo.
Huber, frustino in mano e monocolo serrato all’occhio, passeggiando su e giù davanti a noi, ci tenne un marziale discorso, di cui io non capii una sola parola ma di cui afferrai ugualmente l’inquietante monito, praticamente minacciò feroci punizioni a chi non avesse eseguito alla lettera i suoi ordini.
Naturalmente Alessandra in questo frangente non poteva tradurmi niente, in quanto se per un malaugurato caso avesse aperto bocca, sarebbe stata fucilata sul posto senza neanche il processo sommario.
Il collonello Huber, dopo aver dato le istruzioni necessarie affidò a ciascuna compagnia un obiettivo.
Il battaglione di Habbermann avrebbe studiato le famose fontane, la lavorazione a otto delle fontane salisburghesi è mitica presso i fabbri, (fino a quando non le ho viste al vero, poi siccome sono in tondino piuttosto esile, perdono quel non so che di mistico, e rientrano solo tra le lavorazioni un po’ complesse) il gruppo di Walfrid avrebbe svolto delle ricerche nei luoghi di culto.
Prima di dare inizio a quest’approfondimento, il colonnello, nel silenzio più assoluto fissò l’ora e il luogo dell’appuntamento dei due gruppi; le parole caddero solenni e precise, l’incontro era fissato alle ore 18,55 nel cimitero della chiesa di S. Peter, ………………….. purtroppo non specificò, se nel cimitero dovevamo arrivare in qualità di visitatori temporanei o di ospiti permanenti, pensiero che mi turbò non poco, pensando alla precisione dei teutonici.

Fortunatamente al cimitero di S. Peter ci trovammo come visitatori, e fummo riuniti alla compagnia femminile, come da programma, poiché nell’omonima chiesa, c’era la messa per i fabbri (in qualche postilla del programma, credo di aver letto questa frase: “chi non partecipa come devoto alla messa, sarà il protagonista del rogo che si terrà sul sagrato, dopo l’appello volto a verificare la reale presenza al culto dei soggetti”) Tutti entrarono, compresi tre mussulmani che passando davanti alla chiesa per caso, vista la situazione, preferirono con sagacia, una messa certa a un futuro caldo ed incerto.
Dopo la funzione mi resi conto che da dodici ore ero prigioniero dell’associazione Amboss, Alessandra non solo si rifiutava di tradurmi qualcosa, ma aveva raggiunto le altre mogli e insieme a loro compilava con un certo impeto ed entusiasmo dei documenti, che dopo una breve indagine risultarono essere altrettante richieste di divorzio immediato, per colpa grave.

Come da programma, dopo la Celebrazione ci fu il rancio, nel salone adibito alla bisogna c’erano delle lunghissime tavole con i posti ovviamente già assegnati, per mia disgrazia a me toccò il posto accanto all’orchestrina (pensano a tutto) e precisamente con la testa praticamente infilata in uno di quei grandi tromboni suonato con entusiasmo da un ragazzone che pareva avesse circa diciotto polmoni e nessuna voglia di smettere per le ventiquattro ore successive.
Ad ogni nota, l’onda d’urto che partiva a pochi millimetri dalla mia testa sollevava circa cinquanta metri di tovaglia e di vettovaglie varie che successivamente ricadevano sulla tavola con enorme fragore e diverse tonalità, il frastuono era indescrivibile.

Dopo un paio d’ore, come da programma, fummo rinchiusi in un mezzo di trasporto e riportati all’albergo, dove dovevamo pernottare, alla Hall recuperai la valigia ivi dispersa dalla mattina, poi una volta arrivati in cella, pardon, in stanza, ebbi pietà di mia Moglie, che ormai aveva perso la speranza di rivedere la sua casa e mi guardava con occhi disperati, Senza dire niente (temendo i microfoni nascosti) feci a strisce le lenzuola, e annodandole assieme, partendo dall’armadio, le buttai fuori dalla finestra. Con scarso spirito di gruppo, evitando le pattuglie di guardia, fuggimmo e rientrammo correndo in Italia.

Siccome il tempo è carogna e un po’ né è passato da quella riunione, voglio qui, brevemente, ma con grande affetto ricordare, Johann Jausner, Freddy Habbermann, Franz Hinterhobermayer, che con grande interesse e sommo divertimento parteciparono a quell’incontro, poi uno alla volta ci hanno lasciato e ora forgiano i loro lavori in cielo.