Martello, scalpello, mantice, tenaglie, per millenni il fabbro ha usato sempre gli stessi quattro arnesi, segno di poca fantasia e di certezze assolute, esattamente come i pagamenti in contanti.
Dopo diecimila anni di riflessioni si è aggiunto un quinto arnese, l’incudine.
Molte sono state le resistenze ad accettare l’incudine, ma lo hanno ammesso in officina, solo, e per il semplice motivo che ogni anno per fare l’inventario degli attrezzi, non serviva scomodare l’altra mano per numerarli.
Dopo aver accettato questa clamorosa innovazione si poteva tirare a campare fino alla fine del mondo, a un fabbro non serve niente altro.
Nessun fabbro ha avanzato nel corso della storia nessuna rivendicazione per mancanza di arnesi, nonostante questo, hanno forgiato e fornito gli arnesi a chiunque ne avesse bisogno nel corso di svariati millenni.
E’ passata la preistoria, gli antichi egizi, l’impero romano, il medioevo, il rinascimento, la rivoluzione francese, fino a quando qualche esagitato invece di starsene buono a casa sua, ha iniziato a blaterare di rivoluzioni industriali di correnti elettriche e via ciarlando. I suoi contemporanei invece di internarlo e gettare via la chiave, gli hanno dato retta, con risultati disastrosi.
I fabbri forgiatori, persone serie, non hanno seguito più di tanto stà mania, e hanno lasciato ad altri il compito di correre dietro alle mode.
Ma le mode come la burocrazia hanno per scopo principale il creare esigenze per vendere facilitazioni, e perpetuarsi a spese del gobbo.
Ora sono passati diversi anni da questa rivoluzione e nel frattempo sono nato anche io e per una imperscrutabile ragione sono diventato un fabbro ferraio, ho aperto una officina e mi sono messo a lavorare “male” il ferro.
Ovviamente ho attrezzato la mia “farie” con gli arnesi che questo periodo storico mette a disposizione………….una tragedia.
Quando ho iniziato a lavorare, una troncatrice per tagliare il ferro si avviava con un interruttore, persino io dopo la quinta o sesta volta ho capito al volo come funzionava la faccenda, qualora l’interruttore era nella posizione 0 la macchina era ferma, la controprova lo dava anche l’aspetto acustico dell’operazione, interruttore sullo zero nessun movimento nessun rumore. non tagliava il ferro neanche se le si assetava un calcio a tradimento.
Posizione del pulsante sull’uno, un certo casino e si vedeva la sega girare e tagliare il ferro.
Niente altro da tenere a mente, sullo zero spenta sull’uno accesa, concetto non semplicissimo ma con un po’ di impegno trasmissibile anche a un garzone di fabbro.
Adesso ho la segatrice in officina e quando vedo quel mastodontico strumento ho sempre un timore reverenziale nell’avvicinarmi, incute timore già dal colore, una volta gli arnesi avevano dei colori seri, da officina, non da balera. Il colore di quell’obbrobrio è viola, nessuno che abbia pensato di riferire al tipo che lo ha scelto, che il daltonismo esiste e non è curabile, oppure di non fumare proprio tutto quello che trova a portata di mano.
Il nugolo di cavi, tubi, tubicini, flessibili che la circonda è di molto superiore a una centrale elettrica di medie dimensioni.
Per accenderla (non scherzo)
serve girare l’interruttore principale
tendere la lama
Accendere il compressore (si per farla funzionare serve un altro marchingegno. Sarebbe come acquistare una autovettura ed essere costretti per forza a comperare anche un camion per fala andare avanti)
Attivare il quadro comandi
Resettare tutto
impostare la velocità
scegliere il modo di taglio
Attivare il flusso dell’acqua
Attivare la morsa
impostare il fine corsa basso
mandarla a fine corsa alto
Assicurarsi di aver pagato la bolletta dell’enel.
Dopo il decimo punto la pazienza comincia rapidamente ad esaurirsi, anche perché se sbaglio la sequenza, come nel gioco dell’oca si torna alla casella di partenza e si ricomincia da capo.
Una piccola considerazione di carattere matematico, se imbrocco la sequenza giusta, ho 1024 modi e posizioni diverse per tagliare il ferro, una cosa semplicemente grottesca. (Ho volutamente tralasciato un paio di potenziometri, i quali porterebbero le modalità di taglio all’infinito)
Un fabbro che davanti a se ha tutte queste scelte può agire solo in due modi il primo suicidarsi con uno dei migliaia di cavi che ha la macchina e il secondo entrare in un bar e bere alcolici in modo smodato, per il resto della vita.
Le ultime notizie del tecnico che mi ha spiegato il funzionamento, sono quelle che lo indicano come autore dei terribili ululati notturni provenienti di fronte all’osteria al Gatto nero di Basaldella, e questo solo perché gli avevo chiesto se con quella macchina si poteva tagliare anche un profilato di ferro.
Erano tre giorni che mi spiegava le funzioni del mostro, ed era ancora fermo ad elencarmi il tipo di caffè che era in grado di fare.
Ammetto che non sono esattamente sveglio, per cui ogni cambiamento lo rifiuto a priori dato che presuppone sia un ragionamento sia una modifica alle mie consolidate abitudini.
Quanto a velocità di adattamento, i fatti sono questi, ho comperato il mio primo computer nel 1992 esattamente 42 anni dopo che Turing lo aveva ideato e 16 anni dopo che Jobs lo aveva messo a disposizione di tutti.
Non basta, per sottoscrivere l’abbonamento a internet ho aspettato il 1997 dopo almeno cinque anni che tutto il mondo parlava in ogni dove di questa sensazionale invenzione.
Con questi presupposti potete immaginare con che prudenza accetti le innovazioni di qualsiasi tipo.
Ebbene nonostante queste mie difficoltà ad accettare cambiamenti ho acquistato un arnese e inserito a pieno titolo tra gli strumenti di officina.
Qual è questo congegno così importane?
Un utensile leggero, facilissimo da usare utilissimo in qualsiasi ora del giorno e della notte, l’apparecchio che evita le offese all’udito mentre batto col martello, fa scomparire il rumore mentre batto con il maglio, mitiga il clima mentre batto i denti e rende ancora più gradevole l’atmosfera mentre batto la fiacca????