Voglio parlare di cosa sono chiamato a fare in bottega. Tutti pensano ad un fabbro come a una persona strana, ma tutto sommato normale, e faccia un mestiere normale. Pure io avevo questa convinzione, fino a quando non sono entrate delle persone in officina a chiedermi dei lavori. Non immaginavo lontanamente cosa mi aspettava, e non sospettavo che le richieste dei clienti, si trovassero spesso in contrasto palese con ogni legge fisica, chimica e a volte anche morale. Ad esempio, dopo aver costruito delle grosse sbarre di sicurezza a prova di caterpillar, con aria innocente, l’esigente e soave vecchietta , impone la clausola che non si debbano vedere. Le tattiche utilizzate in questi casi sono sostanzialmente due. La prima: “Ho momentaneamente finito la vernice invisibile, può trovarla…”. Vigliaccamente cito un remoto indirizzo della Camčatka con la scusa: “Su internet si trova tutto.” La seconda, è quella di prezzolare qualche falso testimone, il quale, assicuri al cliente l’impossibilità di vedere le griglie. Non sempre riesco con questi espedienti a risolvere la questione, solo nel 2014 (L’anno non è ancora finito!) Ho costruito in acciaio, una coda di elicottero russo, con tanto di pale originali che si schianta contro un muro. Una mano di violinista, reggente un vero violino, fluttuante davanti a una parete. Dei pezzi di motore di un’astronave funzionante a idrogeno. ( Non sto scherzando tutto è ampiamente dimostrabile sia con i testimoni,<non falsi> sia come foto che posso spedire a chiunque, sia come documentazione relativa: misure, fatture ecc… ecc…) Quando un soggetto entra in bottega, va da se, notarlo è l’ultima cosa che faccio ma, sgomento e terrorizzato, aspetto l’illogica richiesta di lavoro. L’altro giorno ero impegnato alla forgia, sul fuoco una decina di ferri assumevano il classico colore rubicondo, con scarsa competenza, li acciuffavo al momento giusto e li forgiavo sotto Il maglio, per conferire loro una forma accettabile. Mentre eseguo questo tipo di lavoro, ho un’ attrezzatura adeguata, per esempio, nelle orecchie sono infilati degli auricolari che trasmettono musica a manetta, sopra questi porto delle cuffie antirumore, le quali mi isolano acusticamente dal resto del mondo. A un certo punto alzai gli occhi… qualcuno era entrato in officina. Senza smettere di lavorare gli urlai di non parlare fino a quando non mi fossi tolto le cuffie. Finita l’operazione, levai tutto quello le orecchie avevano in sovrappiù, mi volsi per sentire cosa voleva. Davanti a me si trovava una sconosciuta, di età incerta, in verità un po’ pallidina, con un abbigliamento abbastanza strampalato: era coperta da capo a piedi, con un mantello nero. Sicuramente in origine doveva essere stato nero, ora era sbiadito e aveva assunto un colore indefinito, per di più neanche troppo pulito, briciole di biscotti e varie macchie di dubbia provenienza, confermavano questa mia impressione. Come se non bastasse, teneva il cappuccio abbassato sugli occhi… in piena estate. Nella mano destra, inoltre, stringeva una vecchia falce, e la teneva sconsideratamente girata sopra la testa, se per caso fosse inciampata, si sarebbe procurata una brutta rasoiata sul cranio, al cui interno, evidentemente doveva esserci solo un po’ di segatura, lo dimostrava il fatto di impugnare un arnese da taglio in modo così incauto. Senza sforzo, capì al volo, dove voleva andare a parare. Gentilmente si presentò, “Sono la Morte”, Gli risposi: “Piacere Adriano, ho già sentito parlare di Lei “. “Sono venuta per te” Avendo capito cosa voleva, la interruppi subito e gli dissi: ”Come vede ora sono impegnato e non posso mollare il lavoro, sia così cortese da ripassare dopo mezzogiorno, non dovrei stare molto ad aggiustare quel rottame di falce.” Mi guardò, con quello sguardo tipico di chi guarda un deficiente, a me succede spesso, e la faccenda ogni volta m’irrita. Se voleva essere un’occhiata fredda, ci riuscì in pieno, ma ero troppo impegnato per farci caso, e la forgia troppo calda per farmi captare effetti climatici diversi dalla calura. “Ma hai capito chi sono?” “Sì, ma a me interessa solo il lavoro, come e quando devo farlo, e per di più sto lavorando per clienti arrivati prima di Lei”. «Tu non sai quello di cui stai dicendo» Strillò, con più sentimento che grammatica. Continuai a lavorare, quando rialzai gli occhi, era sparita. Non ci feci caso, proseguii con il mio lavoro fino a quando non ebbi finito. Io ho una memoria veramente scarsa, e a quel punto non mi ricordavo assolutamente niente, tantomeno se qualcuno voleva un lavoro. Invece mi ricordai benissimo di un appuntamento per pranzo con un fabbro. Nelle rispettive officine, Io e questo collega, ci siamo incontrati per anni sempre piuttosto imbestialiti, solo ed esclusivamente per motivi urgenti di lavoro. Stufi di questi colloqui, abbiamo deciso di ritrovarci a pranzare al ristorante almeno una volta la settimana, per poter finalmente parlare di qualche stupidaggine completamente inutile. Dopo essermi sommariamente lavato le mani, mi apprestavo a salire sul furgone, quando improvvisamente rividi davanti a me la Tipa con la falce. Seccato, gli dissi: “ Le avevo detto di venire dopo pranzo” “ No, tu mi hai detto di venire dopo mezzogiorno, adesso mancano venti minuti all’una, “. “Che razza di ragionamento fa? Intendevo dopo la pausa.” “E’ già la seconda volta che vengo, fino quando non mi fai il lavoro, non me ne vado”. Come intimidazione, per un artigiano, questa è una delle più ridicole e trascurabili, per non deluderla gli feci una proposta: “Mi scusi, Lei sembra una tipa interessante, perché non viene a mangiare con noi? Quando ritorniamo le faccio il lavoro”. Presa alla sprovvista rimase innegabilmente perplessa. Valutai il suo atteggiamento come affermativo. “Mi perdoni, ” dissi con prudenza, “veda di indossare qualcosa di meno appariscente, non voglio essere preso in giro da tutti quelli che conosco, e soprattutto metta giù quella falce, con la quale prima o poi Si farà male, o lo farà a qualcun altro.” Si tolse quell’orribile mantello, sotto indossava un paio di blue jeans e una maglietta, ai piedi un paio di scarpe tacco dodici cercavano di slanciare la figura, ma nonostante gli sforzi, il culo risultava irrimediabilmente basso e il reggiseno della seconda misura eccessivamente ottimistico. Tentò, tanto per provare, a incedere con una camminata disinvolta, ritenendo che senza il mantello e la falce i vestiti casual lo esigessero. Non sembrò funzionare un granché. Arrivammo al ristorante, Mauro mi stava aspettando, quando mi vide con un ospite, non ci fece particolarmente caso. Entrambi, in svariate occasioni, ci siamo presentati a desinare con dei commensali piuttosto disturbati, da qui il suo scarso interesse. “Ti presento la Morte” “Piacere Mauro, la trovo molto graziosa” Mentì, con smisurata faccia tosta. Ci sedemmo, il mio collega educatamente iniziò la conversazione: “Lei cosa fa di bello per vivere?“ Ripensandoci l’esordio poteva essere migliore. “Beh… ecco…Insomma…, in qualche modo avrete sentito parlare di Me?” “Certo” gli risposi “Lei è quella che fa morire le persone”. “No!!!” rispose alquanto piccata “ Io non uccido ne posso uccidere nessuno, non è mia competenza, le persone muoiono da sole per vecchiaia, malattia o incidenti, quando non lo fanno per queste fottute ragioni, si ammazzano allegramente tra loro, per i più svariati motivi. Io non c’entro niente”. “Si… ma quando Lei arriva, cosa succede dopo?” “Mah… Di solito, c’è il funerale.” “Allora vediamo di capirci” disse con tatto, Mauro “Qual è il suo incarico?”. “Il mio compito è di accompagnare le persone appena morte o in una specie di aeroporto o da un barcaiolo.” <<Come sarebbe a dire?>> “È molto semplice, quando vado da una persona, vedo se ha una specie di ticket, se è valido, li porto all’aerostazione, in caso che lo abbiano smarrito o scaduto, li porto al fiume, dove il rematore li porta sull’altra riva. Non ci sono alternative, non si possono fare ricorsi o il biglietto è valido, o non lo è, il mio lavoro è facile.”. “ In pratica Lei consegna semplicemente la lettera di licenziamento dalla vita”. “Sì, ma non posso prendere decisioni” “Insomma è una burocrate” “Se volete metterla così… mi definirei piuttosto un ufficiale di stato civile”. “Non cambia niente sempre lavoro statale è”. “Come fa a sapere dove deve andare?” “Una volta avevo un taccuino per gli appuntamenti e girando le pagine potevo organizzarmi meglio, ora mi hanno consegnato un i-pad, apro il programma e vedo dove devo andare, purtroppo la lista appare ogni giorno e così non posso portare avanti il lavoro”. Presi la parola: “Me lo faccia vedere, sarà un semplice database, sono bravo in queste cose, così Le spiego come vedere i report successivi”. “L’ho lasciato nel mantello, comunque credo sia proibito”. “Perché?” “Ma insomma, c’è una legge generale la quale vieta a quelli che si trovano nell’aldilà di avere rapporti con quelli dell’aldiquà.” Cinicamente Mauro gli fece notare: “Guardi, il panorama, il ristorante, il cibo e pure noi, apparteniamo alla categoria dell’aldiquà.” “Non ha nessuna importanza, quella cosa lì non potete vederla”. Tagliò corto. La chiacchierata si stava facendo interessante, quando fu interrotta dall’arrivo della cameriera, la quale propose il menù. Lasciammo erroneamente la scelta alla nostra commensale, mandandola in evidente confusione. Con garbo gli chiedemmo se desiderava altro. “No, ma di solito nessuno m’invita a pranzo e tiro avanti con qualche panino mangiato in piedi e con un po’ di snack, questi cibi non li conosco.” “Si vede ” sentii sussurrare la cameriera alle mie spalle. Per toglierla dall’impaccio ci offrimmo di ordinare per Lei, risolvemmo la situazione con un piatto di pasta due scaloppine e un po’ di verdura. <<Per bere va bene una bottiglia di Tokaj? >> Più che una domanda quest’ultima era un’imposizione, siccome è il vino bevuto di solito da noi due. Appena la cameriera se ne andò, riprendemmo il discorso: <<Ci parli del Suo lavoro, cos’è quest’aeroporto>>. “Di preciso non lo so, non mi fanno entrare, forse per problemi di sicurezza, io affido l’individuo a dei tizi vestiti di bianco i quali cambiano sempre, non ricordo di aver visto due volte la stessa faccia.” <<E quello del fiume?>> “Beh, quello lo conosco, è sempre lui con la barca, in realtà non mi piace molto, quando è ubriaco fa degli apprezzamenti volgari su di me, un giorno era un po’ meno brillo del solito, mi confidò che era stanco del suo lavoro, in tanti anni aveva risparmiato un bel gruzzolo, e si sarebbe ritirato volentieri per goderselo con una compagna.” Mauro gli pose una domanda anticipandomi di un soffio: “Ma vai proprio da tutti?” “Si certo, da Abele in poi, ho accompagnato tutti e nessuno è tornato indietro”. “Veramente se non ricordo male… quel tale Lazzaro”. Mi bloccò incazzatissima. “Ma come, con i miliardi di persone che ho accompagnato, tutti a rinfacciarmi un errore, in più era un periodo della mia vita, piuttosto incasinato, il figlio del titolare con la sua Mamma era qui e nessuno si era preso la briga darmi istruzioni. In pratica io facevo il mio lavoro e a Lui non andava bene.”. Il mio compare cercando di rabbonirla le disse: “Non è il caso di arrabbiarsi, stiamo solo conversando, e poi per essere precisi non è l’unico caso, prima di Lazzaro c’è stato Teseo e altri, dopo, quel toscano.” Stranamente la nostra ospite si calmò. “Si è vero, però dovete ammettere che la percentuale di errori è infinitesimale”. <<come può succedere?>> “Come vi ho detto, pochissimi sono riusciti a farmi fessa, per quanto riguarda Teseo, mi ero innamorata di Lui e mi ha fatto fare quello che voleva, purtroppo voleva solo andare a puttane anche nell’aldilà. Ulisse, mi ha fregato raccontandomi un mucchio di balle. Orfeo, mi ha fatto venire la testa come un cesto, stordendomi con una musica a tutto volume, roba da discoteca. Enea, quello mi era proprio sfuggito, per fortuna la prima persona che ha incontrato è stata Didone, la quale gli ha fatto un cazziatone talmente feroce da farlo scappare. Ercole, quasi mi ammazzava, era un tipo manesco. Il fiorentino… buono quello, era il peggiore di tutti, a furia di chiacchiere è riuscito ad andare e ritornare solo per scrivere un best seller e ricavarne del denaro. Ma da 800 anni nessuno è riuscito più a infinocchiarmi, nonostante l’enorme aumento di lavoro.”.
Arrivò la pasta e la conversazione si smorzò, vidi la Morte affrontare con la forchetta, una serie di scontri a singolar tenzone con ogni singolo spaghetto, all’inizio il cibo percorreva un breve arco nell’aria per poi ricadere, con atteggiamento contrito nel piatto, poi, affinata la tecnica, riuscì a farlo arrivare in bocca. Alla fine della rissa, Il pomodoro si era sparso tutto intorno, colorando tovaglie e tovaglioli e anche buona parte del suo viso. Mi resi conto di non aver mai pensato a quanta superficie può coprire il sugo di una porzione di amatriciana. A quel punto piuttosto imbarazzati gli facemmo capire che era meglio se andava in bagno, a rassettarsi un po’. Quando tornò, cercammo di chiedergli ancora della sua professione. Ci interruppe e piuttosto seccata disse: “Non sono qui per parlare del mio lavoro ma di quello che dovresti farmi”. <<Va beh sentiamo>> “La mia falce è usurata e si sta spezzando, devo aggiustarla”. Risposi: “L’avevo notato, la butti via, anche se la riparo dura poco, è troppo vecchia . Ma a cosa cavolo Le serve la falce se non può usarla?”. Mauro è bravo, ma come tutte le persone intelligenti, non sopporta niente che non sia assolutamente comprensibile. Intervenne nel discorso con un’acuta osservazione: “ Ma perché aggiustare un vecchio arnese, quando con un decespugliatore si ottengono risultati migliori?” “Non è così facile, c’entra la tradizione, l’iconografia, il mio ruolo …poi quell’arnese me la consegnato direttamente Lui.” “Si va bene, ma perché sei venuta proprio da me per fare il lavoro”. “ E chi cazzo ti conosceva, entro da anni in ogni officina che trovo, ma ogni volta, appena mi vedono, i vostri colleghi assumono comportamenti stranissimi, fanno di tutto fuorché ascoltarmi, scappano, si mettono a pregare, fanno giuramenti e altre cose bislacche del genere, “. Mauro: ”Si… è assolutamente normale, crisi crisi, poi quando uno chiede un lavoro, trovano tutte le scuse possibili per non farlo.” “Mi prendete in giro?”. “No, è proprio così” . Confermai. Infuriata e con un criterio nettamente contraddittorio disse: “Se non la smettete, sappiate… frequento qualcuno in grado di portarvi all’altro mondo, “. Mauro deglutì e disse: “Potrebbe essere estremamente poco saggio”. “Per quale ragione?” Con logica inattaccabile gli rispose: «Be’, tanto per cominciare a me non piacerebbe…». Diedi sostegno al collega sollevando diverse perplessità su un’azione del genere. “Se avete tanta paura di schiattare, non dovevate nascere.” Replicai: “ Tutti dobbiamo morire, ma non credo che questa sia esattamente una buona ragione”. La Morte bofonchiò qualcosa sul tipo: “Facevo per dire” Fortunatamente la cameriera portò il secondo, sollevandoci l’impaccio provocato dalla chiacchierata, frattanto si avvicinò un nostro amico e venne a salutarci, la Morte cominciò a sorridergli e a replicare con frasi piuttosto cretine. Mauro, vedendo come si comportava e lo guardava, le tolse ogni speranza. “Lasci perdere, è sposato con figli, poi ha qualche millennio in meno di Lei”. “Ma cosa stai fantasticando?” “ E’ esattamente il Suo pensiero ” “Che stupidaggine” Rispose con voce piuttosto impastata, costatai che il suo viso aveva preso un certo colorito e abbassando lo sguardo sulla bottiglia, penosamente vuota, capì il perché. Dopo aver ordinato un’altra bottiglia, cercammo di saperne qualcosa in più. “Ci Scusi della nostra curiosità ma racconti ancora qualcosa di Lei e del suo mondo.” “Ma cosa cavolo volete sapere, vi ho detto quello che potevo dire, in realtà non ho amici, tutti mi odiano anche se, in fondo, faccio solo il mio mestiere. Pensate solo a quei delinquenti di pittori come mi raffigurano, neanche una volta mi abbiano fatto un ritratto verosimile, e anche i registi nei film raccontano panzane terrificanti.”. “Ad esempio?” “Nel settimo sigillo, quel bastardo di Bergman, non si è accontentato di farmi indossare una maschera da uomo, ma mi ha fatto fare una figura di merda. Secondo voi io dovrei barare per eseguire il mio lavoro?”. “Allora è vero che prima di presentarti segui per un po’ l’individuo?” “Qualche volta in passato l’ho fatto, ma ora con l’aumento del lavoro figuriamoci se ho tempo, già mi muovono accuse di ogni tipo, non vorrei essere perseguita anche per stalking, i tempi sono cambiati.” “Però, non è vero che tutti La odiano, quel tipo di Assisi la chiama sorella”. “ Perfetto…uno che tiene comizi alle bestie, va in giro a spogliarsi nelle piazze, rischiando una denuncia per atti osceni, dovrei prenderlo per buono? I matti sono sempre esistititi ” “Come fa ad essere presente ad ogni appuntamento, saranno migliaia ogni ora?” “È un po’ difficile da spiegare, Là, il tempo non esiste”. “Ovvero?” “Avete presente il principio d’indeterminazione di Heisenberg?” “No!!!” Rispondemmo all’unisono. “Insomma, uno può trovarsi in due posti contemporaneamente senza contraddizioni.” Mauro borbottò: “Questa è una contraddizione” “ Ma se là, il tempo non esiste, perché Si preoccupa tanto di fare il lavoro?” “Ho detto che il tempo non esiste, ma il lavoro sì e devo farlo, prima finisco e prima sono libera.” “Non vedo quella grande fretta.” “Cosa ne sapete voi?” Ci portarono il caffè, anche se la Morte, con risate fuori tempo e frasi alla cacchio, non pareva troppo affidabile, il nostro interesse era ancora molto alto. “Ci può dire le differenze tra l’altro mondo e questo?” “A parte il tempo non molte, vi faccio un esempio; mi ha raccontato il barcaiolo che sull’altra sponda del fiume fin dall’inizio, avevano costruito un grande quartiere, con parchi, piscine e altro, dove erano andate ad abitare moltissime persone, impegolandosi con mutui da strozzinaggio, lo avevano chiamato lembo o limbo qualcosa del genere, non ricordo bene, qualche tempo fa lo hanno demolito, forse per problemi con licenze edili o per abusivismo, ebbene la gente nera di rabbia sta ancora cercando una destinazione.” “Che cosa stanno facendo?” “Hanno convocato il traghettatore e gli hanno chiesto di riportare la gente indietro, dopo che con una leggina sono riusciti ad autenticare i loro biglietti, così ora potrebbero andare all’aeroporto.” “ Perché non se ne vanno” “Char si è…” “Char chi???” “Charon… Caronte, lo chiamo così, è di antica origine bavarese da parte di padre, dicevo, si è rifiutato di riportarli indietro, il suo contratto parla chiaro deve portare la gente solo in un verso. Si è rivolto ai sindacati e sta facendo un casino del diavolo.”. “ Allora siete tutelati” “Insomma… Io ho firmato un contratto per cui m’impegnavo ad accompagnare le persone in uno dei due posti, mi hanno fregato, all’inizio tutto era semplice c’era una sola famiglia e intervenivo raramente, poi hanno cominciato a moltiplicarsi e non ho avuto più pace, inoltre con guerre ed epidemie varie, spesso sono costretta agli straordinari .” Finito il pranzo, ci avviammo verso i rispettivi furgoni, la Morte ci precedeva ed era terribilmente concentrata a mantenersi in piedi sui tacchi, i quali non la aiutavano a mantenere una camminata rettilinea. Mauro trovò il modo di dirmi a bassa voce: “E’ il solito lavoro, una volta eseguito non si sa quanto chiedere.” Rientrammo in officina, gli aggiustai la falce, poi velocemente la affilai e le dissi: “Vede, per il momento può tirare avanti, in ogni caso cercherò di procurarle un arnese nuovo con la cote e il battifalce, Le insegnerò come si fa a battere e affilare quell’arnese”. “Ritornerò” “Se deve ritornare per l’arnese faccia pure, per altri motivi c’è tempo”.