Finito il vaso non avevo scelta, o lasciavo perdere il tutto oppure dovevo iniziare la struttura di base.
Continuavo a tergiversare, non avevo voglia di impegnarmi, lo vedevo come un lungo lavoro inutile e fabbrilmente parlando, per nulla inedito.
Avevo fatto il disegno, avevo pure costruito un elemento non secondario, ero consapevole che se facevo la prossima mossa non avrei potuto tirarmi indietro, ovvero avrei fatto una boiata pazzesca, evidentemente la convinzione non è il mio forte.
Il calcio in culo me lo diede il ritrovamento di un pezzo di ferro pieno, lungo un metro e mezzo dalla clamorosa sezione di 80 mm x 40 mm. che una ditta dedita alla posa dei tubi di metano, aveva abbandonato, disperso o dimenticato lungo una strada.
Per non crearmi problemi, il giorno dopo ho battuto questo ferro fino ad ottenere il braccio.
Ho tirato il ferro e fatto i fori a caldo (dimenticandomi di fare il foro per l’appoggio dei gigli commettendo così uno degli innumerevoli errori che costellano questa insegna) ma ho lasciato indietro la decorazione in cima alla punta, non sapevo come fare e poi durante l’assemblaggio sarebbe risultata ingombrante.
A questo punto avevo iniziato e non potevo tirarmi indietro, sopratutto poiché dopo forgiato, il ferro era lungo oltre tre metri e mezzo, e in officina non passava inosservato, lo avevo sotto gli occhi tutto il santo giorno.