Il racconto è avvolto nell’incertezza e dal velo di reticenza, se non di mistificazione, degli storici romani. Si dice che la storia è stata scritta dai vincitori; ma di quei fatti, per una volta, conosciamo solo la versione dei vinti, cioè i Romani.
Diodoro Siculo scrive attorno al 50 avanti Cristo, Tito Livio scrive verso l’anno in cui nacque Gesù.
Quindi le principali fonti scrivono circa quattrocento anni dopo i fatti, i quali si sono svolti nel 390 avanti Cristo.
All’epoca non avevano inventato internet, per cui non oso pensare dove sono andati a pescare le fonti.
Credo che sia attendibile allo stesso modo Antonio Arcoleo che ha scritto il libretto dell’opera, Brenno in Efeso, musicato da Giacomo Antonio Perti, nel 1690.
Mi sembra del tutto corretta l’analisi di Mazzarino, che, sulla scorta di Sordi, individua nella tradizione di Aristotele la versione originaria, contenuta negli Annali dei pontefici, prima delle contaminazioni liviane. Questa versione non conosce riscatti né miracolosi recuperi di quanto pagato,