Adriano Cortiula

Fabbri innovatori

Alessandro Mazzucotelli

 
Ovviamente conoscevo Alessandro Mazzucotelli, prima di scrivere questo post.
Siccome era tempo che non guardavo le sue opere, sono andato a cercare cosa c’era di nuovo su internet.
Ho trovato una serie di articoli impressionante.
Ma dopo la lettura di una decina di essi avevo le carie ai denti e il diabete.
Tutti uguali nessuno diceva niente, che non lo avessi saputo dall’età di sedici anni, anzi dicevano molto meno di quello che sapevo.
Un esempio solo, da ragazzo ero informato, avendolo letto da qualche parte, che Alessandro zompava allegramente tra un giaciglio e l’altro di gentili donzelle.
Notizia molto più succulenta che non le stupidaggini che scrivono su di lui.
Sapere questo dei grandi maestri, non aiuta a fare meglio il mestiere, ma allieta la vita.
E’ la solita storia, nessun articolo è stato scritto da un fabbro.
 
Di conseguenza i perdigiorno che li hanno scritti non hanno e non potevano dire niente.
Vediamo di fare una piccola biografia e non dire le solite coglionate.
Il tipo era sicuramente simpatico, ha passato la sua vita a dirigere officine a disegnare, a presiedere eventi, a fare viaggi e al culmine a fare il politico.
E’ anche passato alla storia per aver sparato la più grande cazzata della storia dell’acciaio forgiato:
“Il ferro deve essere trattato come una signora: sembra duro e terribile, ma con un po’ di fuoco, diventa morbido, come la cera”
Lo scrivo per i romantici ingenui che non conoscono il lavoro, questa affermazione non è vera.

Vita

 
Nasce a Lodi l’ultimo giorno di settembre del 1865, da una ricca famiglia di commercianti dell’acciaio.
Infanzia normale e nel 1883 porta a termine il ginnasio, a quella età molti suoi coetanei finivano il liceo.
Dopo va a godersi la vita per qualche mese a Torino.
Se andiamo dietro le biografie ufficiali, dopo che la sua famiglia è finita in miseria per aiutare i suoi a portare a casa un tozzo di pane, è andato a lavorare come umile garzone di fabbro nella grande officina di Defendente Oriani e in poco più di sei anni, nel 1891, la compera.
Ripeto cosa ho scritto su Lamour, ma che cazzo di paghe avevano gli apprendisti fabbri?
Cerchiamo di non essere presi in giro. Basta consultare (è a disposizione di tutti gratuitamente sul telefonino) la rivista Arte italiana decorativa e industriale periodico mensile pubblicato sotto il patrocinio del ministero di agricoltura, industria e commercio e diretto da Camillo Boito, si il fratello di Arrigo.
Nel numero di gennaio dell’anno 1900 nel capitolo sui ferri battuti scritto dal Melani (quando elogiava…fino a un certo punto, Mazzucotelli) è scritto qualcosa sulle origini.
Testuale (Qui ci troviamo davanti un giovane il quale, nato ricco, studia il disegno per diletto, un po’ a Lodi, un po’ a Torino, sogna di diventare un artista indipendente. Capita di 18 anni a Milano nella vecchia Officina di fabbro di Defendente Oriani ; ma il Mazzucotelli medita di far da sè, subentra all’Oriani.)
Suo padre avrà avuto anche dei problemi con la sua attività, ma sicuramente aveva abbastanza risorse da aiutare Carlo e Alessandro a rilevare l’officina di Oriani.
Penso che a farlo apparire una specie di santo, un po’ di colpa l’abbia Ugo Ojetti che in un suo libretto ha fatto una specie di agiografia di Mazzucotelli.
Anche Vittorio Pica in un suo libretto tenta una beatificazione del nostro, ma poi cade sui termini, e scrive: in poco più di sei anni prima diventò direttore e poi proprietario nella officina in cui era entrato come apprendista.
Ma quando mai in bottega si diventa direttori? si diventa capo officina e i termini sopratutto all’epoca di Pica avevano un significato preciso.
Nel 1902 fonda la Mazzucotelli Engelmann non sono mai riuscito a capire la figura di Engelmann che per qualche anno fu socio di Alessandro. Probabilmente aveva bisogno di qualcuno che stesse in officina.
Da quell’anno andò spesso a spasso per l’Europa, ufficialmente per studio (ma come finanziava i viaggi? Non scrivono mai quello che uno vuole sapere) poi dal 1903, cominciò a dedicarsi all’insegnamento presso la Società Umanitaria di Milano, (istituzione storica milanese, ente morale) proponendo innovativi criteri didattici, basati sullo studio teorico della natura e sulla sperimentazione diretta dei materiali e delle loro proprietà.
Dal 1909 Mazzucotelli aprì una nuova sede della ditta alla Bicocca, a Milano, e da qui prese in carico numerose realizzazioni per i progetti residenziali, e aumentò il numero di operai.
1915, fine, non fece più ricerca, la piantò li a cinquanta anni con l’acciaio forgiato.

 

Fabbri innovatori

Alessandro Mazzucotelli

 

I lavori

Sfogliando distrattamente il periodico quindicinale
“L’INGEGNERIA CIVILE “
per l’esattezza il numero 14 del 1902 mi sono imbattuto in diversi lavori del nostro.
Quindi possiamo vedere con data certa a che punto era arrivato con il disegno, suggerisco di dare un occhiata a quell’opuscolo ci sono i lavori di altre officine è interessantissimo, per quanto riguarda i commenti, anche se non è il nostro linguaggio almeno il giornalista non solo scrive con competenza, ma per diversi pezzi mette pure il prezzo.
Rimango stupito, dalla differenza di disegno tra lavori.
Per quanto riguarda gli altri lavori di Alessandro, tutti li conosciamo e sono riprodotti ovunque, non mi dilungo.

 il suo pensiero

 

Ho letto in un articolo di Stefania Sanguanini, credo del 1987 una frase di Mazzucotelli che mi ha colpito.

 

“È un dovere persuadere e persuadersi che bisogna rinnovarsi. L’artigiano conservatore di una personale tecnica e di un tradizionale prodotto che nel passato era ricercato dal commercio e dalle famiglie, ora non è più tanto amato e desiderato. Ne consegue che persistere su tale strada senza cedere allo sforzo di nuove creazioni, di nuovi tentativi è male”63.
“Rinnovarsi”

La frase di per se non ha nulla di particolare è pure abbastanza ovvia per i tempi.
Premetto che non mi frega nulla dell’artigianato, di dove è o dove va, ma se al giorno di oggi prendiamo la frase di Alessandro e invertiamo i verbi “rinnovare e conservare” risulterebbe perfetta per i nostri tempi.
Suonerebbe così

“È un dovere persuadere e persuadersi che bisogna conservare. L’artigiano rinnovatore di una personale tecnica e di un nuovo prodotto che nel passato era ricercato dal commercio e dalle famiglie, ora non è più tanto amato ne desiderato.
Ne consegue che persistere su tale strada senza cedere allo sforzo di vecchi articoli, di vecchi tentativi è male.
“Conservare”

politico

 

Era un fascista convinto, nominato, non eletto come scrivono gli imbecilli, per due legislature alla camera dei fasci e delle corporazioni.
In quel lavoro non è stato brillante, anzi è risultato ininfluente.
Il discorso più importante che ha esposto, lo ha fatto il primo Maggio 1931.
Non so se il discorso lo abbia scritto lui o qualcuno glielo abbia fornito.
Il fatto è che inizia male, continua peggio e finisce in modo disastroso.
Come si fa ad iniziare un discorso alla camera dei fasci e delle corporazioni, rappresentando gli artigiani dell’Italia e per prima cosa dire:
“Voglio subito dichiarare che non chiederò
nessuna impostazione di denaro nel bilancio;”
Poi subito dopo elenca tutti i problemi relativi alla categoria, tutti problemi risolvibili con finanziamenti pubblici.
Se gli artigiani lo avessero sentito gli avrebbero fatto fare il giro d’Italia a calci in culo.
Poi nel proseguo del discorso fa questa affermazione:
“Tale diversità esclude la convenienza di
disciplinare il periodo di apprendistato con
clausole di contratti collettivi di lavoro, ed
impone la necessità di disciplinarlo con contratti individuali che si conformino alle infinite varietà dei mestieri.”
Dicendo praticamente che era accettabile il ritorno allo schiavismo.
O era stupido o faceva finta di esserlo.
I miei dubbi, sul fatto che non abbia scritto lui il discorso, si concretizzano nel fatto che per gli artigiani non chiede soldi, ma li chiede e come li chiede, per le banche, anzi propone la fondazione della banca dell’artigianato.
Finisce il discorso chiedendo maggiori tutele per gli autonomi in modo abbastanza fiacco, e le chiede con la proposta idiota della patente del mestiere.
Non aveva capito proprio, che è necessario lasciare completa libertà a tutti, soprattutto a chi nella vita vuole essere autonomo.
Pessima figura.
Mazzucotelli, più che sessantenne, si ritirò nella sua terra d’origine, Rota d’Imagna e creò una sua residenza a Caros, dove oggi sono conservate ancora intatte, alcune opere da lui realizzate. Fu nominato Podestà del Comune di Rota d’Imagna.

In morte

 

E’ mancato per malattia, a giudicare dai coccodrilli era un tizio conosciuto.
Sia Papa Ratti, Pio XI che il cardinale Schuster si informarono sulla sua salute e gli inviarono le loro benedizioni. A quel punto non so quanto efficaci.
Sul Corriere della Sera il necrologio lo ha scritto Corrado Alvaro.
Sulla Stampa di Torino gli hanno dedicato più spazio, essendo morto quando ancora c’era Lui.
Infatti il duce, il primo marzo 1938, alla camera dei fasci e delle corporazioni, dopo la commemorazione del presidente dell’assemblea, camerata Galeazzo Ciano, prende la parola: Lascio al verbale della camera il resto.
“Camerati, parla il Duce!”
MUSSOLINI, Capo del Governo, Primo Ministro.
“Mi associo, anche in nome del Governo,
alle nobili parole commemorative che in memoria del camerata Mazzucotelli sono state pronunciate dal Presidente della nostra Assemblea.”
Chissà se lo conosceva.
Milano, Lodi, Monza, Rota d’Imagna Gli hanno dedicato una Via.
Oggi, a parte noi fabbri, nessuno sa chi sia stato.