Come Gaudì, diventato famoso come architetto pur essendo fabbro, anche Benetton è diventato famoso più come artista che come fabbro. E questo sicuramente ha giovato a Lui, ma ha messo nei pasticci noi fabbri che nulla sappiamo di arte. In ogni caso leggiamo lo stesso quello che scrivono su di lui, e qui sono dolori. Di lui scrivono grandi intellettuali usando parole e frasi di enorme altezza atta a descrivere la sua arte. Purtroppo parole e concetti per artisti o persone intelligenti e colte lontane dal nostro linguaggio da officina e da concetti banali su quanto costa un maglio o una incudine.
Vorrei fare una considerazione, in un libro (Toni Benetton il genio del ferro) lo prendo a caso, vale per tutti coloro che hanno descritto l’arte di Toni.
Faccio questa analisi che farà ridere gli artisti del ferro ma è a uso e consumo di noi poveri gretti e ignoranti manovali dell’acciaio.
Questa è una frase che si trova a pagina 11 l’autore sta descrivendo l’opera di Toni
“Le pulizie di primavera sono già avviate, gli sciamani dopo aver fatto il giro con il capello in mano per raccogliere oboli, ritornano a giocare a scopone con Marcuse.”
Sono sicuro che l’autore di queste sublimi parole sia di molto superiore a Don Lisander e al ghibellin fuggiasco, ma purtroppo noi ignoranti non capiamo questi alti concetti.
Non capisco il perché tirar fuori un vecchio arnese in voga nel 68, poi giustamente dimenticato, ho avuto in mano un suo noioso libro (vado a memoria “Eros e civiltà,” che probabilmente ho letto, sicuramente non capito e rapidamente scordato.)
Il tipo era contro il capitalismo, prendendo all’epoca il lauto stipendio dall’università di Harvard e non insegnando gratis all’università di Mosca o di Leningrado, molto coerente.
Le sue frasi più famose sono le seguenti, che sappia io.
“Distruggete tutto ciò in cui avete creduto finora, buttate a mare tutto ciò che fino ad ieri rappresentava il basamento della vostra vita: vi sembrava acciaio e non era che latta, vi sembrava eterno ed è invece friabile e inutile.”
“La differenza tra erotismo e pornografia è la differenza tra il sesso celebrativo e quello masturbatorio.”
In pratica dopo aver letto questo aulico testo un normale fabbro non sa se suicidarsi o farsi una sega. Non direi che il personaggio Marcuse vada associato a chi lavora, Toni lavorava.
Poche frasi dopo ne spunta un’altra nel tentativo di scusare Toni per il suo linguaggio semplice. Cito:
“in essa affiora con chiarezza anche in virtù di un eloquio diretto che sarebbe piaciuto a Seneca.”
Seneca, non era l’artista delle perifrasi il cultore delle anafore il Paganini delle metafore e delle antitesi, l’amatore della prosa frammentata?
Lontano dalla limpida chiarezza e dalla prosa armoniosa di Cicerone, che noi umili possiamo capire facilmente. Ma per quale motivo disprezzare il linguaggio semplice, capisco che gli artisti non intendano divulgare al volgo il loro sapere, ma se Toni parlava così forse voleva farsi capire da tutti.
Riporto l’unica frase che ho capito di tutta la dotta presentazione:
Nessuno dei grandi progetti, elaborati dalla fine degli anni 60 fino alla morte (1996) è stato realizzato.
Chiaro no!