Adriano Cortiula

Grandi fabbri esecutori 

Carlo Rizzarda

Con le biografie dei fabbri sono sempre molto scettico, porconando su quelli che le scrivono, poiché, non essendo fabbri, si dimenticano per chi scrivono.
La biografia su Rizzarda ( Carlo Rizzarda 1883 1931 e l’arte del ferro battuto in Italia) è scritta in modo che dovrebbe essere presa ad esempio in tutte le scuole della repubblica.
Come cattivo esempio.
L’italiano in cui è scritta, quando non è impreciso è zoppicante.
Riporto una tipica frase rivolta a noi lavoratori, a pagina 45 si legge: (tra l’altro messa in bocca a un operaio)
“ Se i lavoranti erano due, i colpi di martello e di mazza si alternavano, prima uno e poi l’altro», facendo anche armonia» se erano tre, battevano successivamente: il primo, poi il secondo, poi il terzo: « tin, tun, ton… ».
Ora che ci sia qualche fabbro poco istruito come me, sta nell’ordine delle cose, ma prenderci per imbecilli, anche no.
Posso capire la punteggiatura messa a vanvera, ma cosa significa che i colpi di martello e di mazza si alternano? Se l’arguto estensore non lo scriveva, noi fabbri batteremo gli strumenti in contemporanea? E se per caso siamo in tre dobbiamo battere con una precisa gerarchia, se non lo scriveva saremmo rimasti nel dubbio che se il primo ottenesse il suono tun, il secondo che suono dovrebbe fare, credo ci siano migliaia di botteghe bloccate da questo dubbio.
Facendo anche armonia, non era meglio generando armonia.
A un fabbro un libro del genere non serve a nulla , una marginale importanza può essere l’elenco dei suoi lavori ma dalle foto si capisce poco. A un fabbro serve sapere come è fatto un lavoro, e per descriverlo serve essere fabbri e aver frequentato le scuole dell’obbligo.
In tutto il libro non c’è scritto da nessuna parte che tipo di acciaio usava che tipo di carbone acquistava che magli aveva, che tipo di incudini, insomma le informazioni base. Per fortuna si sono ricordati di scrivere quanti operai dirigeva ed è già molto.
L’unico vantaggio di questa biografia è il fatto che ha ricordato l’uomo.
Se il fabbro Carlo è stato ignorato, l’uomo Carlo è stato ricordato.
Rizzarda risulta essere una buona e bravissima persona, generosissimo nei confronti degli altri.
Ma nel ricordare l’uomo io avrei evitato di pubblicare corrispondenza privata che fa sorgere qualche dubbio sulla sessualità di Rizzarda, a pagina 50 senza che ci sia alcun motivo riportano il testo di una lettera del pittore Oscar Sogaro estrapolando la frase: << mio buon amico, mio dolce compagno delle serate imolesi>> Le virgolette sono nel testo. Il gossip va bene, ma come corollario.

vita

Nasce a Feltre il 23 gennaio 1883 muore a seguito di un incidente stradale a Milano il 4 maggio 1931.
È sepolto a Feltre nella tomba che aveva fatto costruire per i genitori che però morirono dopo di lui.
Figlio di un fabbro carradore, non povero, lo si deduce dal fatto che va si a lavorare da un fabbro a Farra, ma non risulta come apprendista, anche perché nel frattempo fu allievo del professor Giacomo Adolfatto per quattro anni, e contemporaneamente frequentava una scuola serale di disegno. Vince una borsa di studio. (mai visto o sentito parlare di borse di studio per fabbri. In realtà si trattava di un contributo che gli ha fatto avere un onorevole tale Guido Fusinato) e in più vince diversi premi.
Quindi nel 1904 entra come apprendista dal Mazzucotelli e nel 1905 inizia un corso di disegno con lo stesso Alessandro e contemporaneamente va a scuola dal professor Osimo che tiene il corso di stilistica presso l’accademia di Brera.
Ottenuto il diploma dal 1907 al 1909 fa l’insegnante alla scuola professionale di via Vigevano e anche in quella di via Bergognone. Inoltre sostituì per quattro anni il Mazzucotelli all’Umanitaria come insegnante e contemporaneamente partecipò a numerose esposizioni anche di livello internazionale.
Nel 1911 assieme a un socio aprì il proprio laboratorio, ed ebbe subito omissioni dalla Milano ricca del tempo.
Nonostante il mite carattere si arruolò volontario nella prima guerra mondiale, era in un capannone a revisionare armi pesanti.
Questo si legge sull’inizio della sua carriera di fabbro.
Classica incongruenza, dopo che si sono sperticati in lodi e fatto notare i premi che ha vinto, un fabbro di tali capacità cosa va a fare? Il capoofficina? Apre un laboratorio? Si ritira in uno studio a disegnare meravigliose opere?
No entra come apprendista da Mazzucotelli e ci sta fino al 1910, quindi ha proprio imparato, non è sta sei mesi per capire l’officina.
Questo è tipico dei bravissimi esecutori, imparano il mestiere fin nei dettagli più impensabili.
A 21 anni persino un imbranato come me era un operaio, almeno da tre anni, incapace, ma operaio.
In realtà leggendo con attenzione sembra che dal Mazzucotelli arrivò come collaboratore più che come apprendista non si spiegherebbero gli anni di insegnamento che ha fatto.

Grandi fabbri esecutori  Carlo Rizzarda

Se vogliamo vedere la differenza nella stesso periodo di un grande fabbro innovatore e un fabbro esecutore, nulla di meglio che guardare l’aquila rizzardiana e il gallo del Mazzucotelli. Sono nel museo di Feltre, si possono ammirare in contemporanea dal vero.