Se non si parla del fabbro che ha fatto costruire il più grande maglio del mondo non capisco a cosa servirebbe un sito come questo. Dieci anni fa ha brevettato il maglio più grande al mondo: un gigante di 1.500 tonnellate che quando piomba sull’acciaio incandescente esercita una pressione di 55 milioni di chili. Si è ovvio che non ha molto senso un maglio del genere per forgiare i nostri pezzi. Ma il fatto che sia stato un fabbro a farlo costruire inorgoglisce tutta la nostra categoria. Biason è un contemporaneo con le idee chiare, Il suo pensiero è il seguente: (tratto dalla Stampa del 26 ottobre 2017 Andrea Rossi e dalla intervista di Stefano Lorenzetto del 21 giugno 2015 sul Giornale)
«Ho richieste da tutto il mondo e non riesco a soddisfarle. Non mi lasciano ampliare lo stabilimento, e allora queste macchine restano imballate. Ci perdo io, ci perdono tutti: potrei dare lavoro a centinaia di veneti. Invece assumo all’estero».
«Quelli come me non se ne vanno per pagare meno tasse. Ce ne andiamo perché non siamo padroni nelle nostre fabbriche. Sono stufo di andare dal sindaco di turno con il cappello in mano ogni volta che devo fare un investimento».
«Eppure mi sento trattato come un delinquente», dice Biasion. Dieci anni fa ha brevettato il maglio più grande al mondo: un gigante di 1.500 tonnellate che quando piomba sull’acciaio incandescente esercita una pressione di 55 milioni di chili. «Mi serviva un capannone nuovo. Provincia e Regione erano d’accordo. Il Comune anche». Anzi no: il sindaco decide di costruire una nuova strada proprio nell’area dove dovrebbe estendersi la fabbrica. «Protesto e alla fine la spunto». Ma in Comune si accorgono che il capannone è troppo alto e gli uccelli potrebbero sbatterci contro: niente licenza edilizia, altri anni di liti finché arriva la deroga per cominciare i lavori. Apre il cantiere: servono fondamenta profonde 16 metri ma il Comune si mette di nuovo di traverso. «Mi sono stufato. Ho chiamato in Texas. La sera avevo una risposta: si può fare. Quando siamo andati a presentare il progetto erano sorpresi: la fabbrica è vostra, dentro potete fare quel che volete».
In Italia è il solito trattamento riservato ai fabbri.